La situazione che stiamo vivendo - di malattia, di morte, di privazione e di paura - ci ha fatto tornare nudi come siamo nati, creature.
E, forse, dentro questa situazione ci siamo accorti di essere tutti malati, affetti dalla “malattia dell’infinito”, come ha scritto un autore, di avere la capacità della speranza.
A Pasqua noi riscopriamo come la speranza ci salvi, perché fondata su un Creatore che si è fatto creatura, su un Padre che ci ha regalato un Figlio, che condivide la nostra sofferenza e la morte, soprattutto che ci dona, con la risurrezione, la pienezza della vita.
Nei passaggi più difficili della vicenda umana, spesso sono poste le premesse di un rinnovamento radicale, di una nuova pagina della storia che ha solo una guida: il Signore.
E, forse, dentro questa situazione ci siamo accorti di essere tutti malati, affetti dalla “malattia dell’infinito”, come ha scritto un autore, di avere la capacità della speranza.
A Pasqua noi riscopriamo come la speranza ci salvi, perché fondata su un Creatore che si è fatto creatura, su un Padre che ci ha regalato un Figlio, che condivide la nostra sofferenza e la morte, soprattutto che ci dona, con la risurrezione, la pienezza della vita.
Nei passaggi più difficili della vicenda umana, spesso sono poste le premesse di un rinnovamento radicale, di una nuova pagina della storia che ha solo una guida: il Signore.
Lo scriveva anche il Card. Martini, nei giorni bui per le stragi del terrorismo: “Spesso i tempi difficili sono stati l’occasione per temprare gli uomini e per aprire nuovi orizzonti”.
La “quiete” pasquale, dopo la tempesta quaresimale, ci aiuterà a ridisegnare gli spazi, a rivalutare le relazioni, a guardare più spesso verso l’alto e, prima di tutto, a riconsiderare il valore della salute e della sanità, come siamo soliti augurare. “E la Pasqua è l’accettazione della morte che si vede e si soffre, per vivere nella speranza che non si vede” - scrive don Luisito Bianchi nel suo Dialogo in Samaria.
La “quiete” pasquale, dopo la tempesta quaresimale, ci aiuterà a ridisegnare gli spazi, a rivalutare le relazioni, a guardare più spesso verso l’alto e, prima di tutto, a riconsiderare il valore della salute e della sanità, come siamo soliti augurare. “E la Pasqua è l’accettazione della morte che si vede e si soffre, per vivere nella speranza che non si vede” - scrive don Luisito Bianchi nel suo Dialogo in Samaria.
E’ questa speranza che non si vede, quella che desidero augurarvi per la Pasqua di quest’anno, che apra a un nuovo inizio, insieme.
Augurarla anzitutto ai medici, agli operatori sanitari e ai volontari che da settimane dedicano ore ed ore, intelligenza, professionalità, oltre il tempo e il lavoro dovuto, diventando gli angeli che hanno curato, e talora, purtroppo, accompagnato alla morte.
Buona Pasqua agli imprenditori, ai commercianti, agli artigiani costretti a chiudere le loro fabbriche, i loro laboratori, i loro negozi, e che alla riapertura saranno chiamati a un supplemento di coraggio, di fatica - nonostante le manovre economiche in atto - per garantire ancora lavoro, servizi; e insieme, un particolare ricordo ai lavoratori e a tutti coloro che purtroppo hanno perso l’impiego a causa del Covid 19.
Buona Pasqua ai politici e agli amministratori, alle Forze dell’Ordine (Carabinieri, Polizia, Vigili, Finanzieri…) e alla Protezione Civile delle nostre città e dei paesi della provincia di Ferrara, che hanno saputo condividere la fatica, gli orientamenti, le limitazioni, la sicurezza di tutti noi.
Buona Pasqua alle famiglie e in esse, agli anziani e ai giovani, ai papà e alle mamme, che non hanno potuto accompagnare in chiesa i loro cari defunti, non hanno potuto visitare in Ospedale i loro malati o gli anziani nelle case di cura, ma hanno potuto sentire ancora di più il valore della famiglia, della casa, degli affetti.
Buona Pasqua alle persone sole, perché non si facciano prendere dallo scoramento. A loro va tutta la vicinanza e l’attenzione delle nostre parrocchie e delle realtà caritative diocesane.
Gli auguri di Buona Pasqua raggiungano i sacerdoti, i diaconi, i consacrati e i fedeli delle nostre comunità, dove le chiese sono rimaste aperte, per sentire la presenza del Signore, confessare il nostro peccato, sentirsi a casa, ma dove le celebrazioni eucaristiche sono state per la prima volta vissute senza fedeli, i matrimoni sospesi come anche le esequie: una povertà arricchita dalla preghiera, dall’ascolto della Parola, da una unità e comunione che abbiamo percepito chiaramente, pur nella distanza fisica, perché poggiata sulla presenza dello Spirito Santo che ci apre alla comunione dei Santi, che professiamo ogni domenica nel Credo, la cui vicinanza sperimentiamo concretamente ogni giorno.
Buona Pasqua a tutti, nella Speranza.
+ Gian Carlo Perego
Arcivescovo di Ferrara-Comacchio